Quanto la tecnologia ci rende più felici? Ve lo siete mai domandato? La credenza comune è che poiché essa ci semplifica la vita ci rende anche più felici e spensierati, ma ne siete proprio sicuri? Uno studio ci rivela che non è proprio così, specie fra gli adolescenti! Ieri sentivo alla radio che mediamente controlliamo il nostro cellulare 150 volte al giorno. Ciò vuol dire che, se stiamo svegli 12 ore al giorno, lo controlliamo ogni 12 minuti e mezzo, praticamente viviamo la nostra vita sempre on line con il telefono in mano!
Ma veniamo ai risultati dello studio che oggi voglio prendere in considerazione. Si tratta di un’indagine piuttosto grande che ha usato i dati di un sondaggio nazionale statunitense, il “Monitoring the Future”, finanziato dal governo che ha visto come campione studenti tra i 14 ed i 18 anni, circa le loro abitudini ed i loro valori. I soggetti coinvolti nello studio dovevano rispondere a domande che vertevano sul capire quanto tempo questi trascorrevano su cellulari, tablet e computer e sul comprendere la qualità e la quantità delle loro interazioni sociali reali (non virtuali!!!) ed infine sulla loro felicità in senso generico. Il risultato è stato sorprendente. Si è evidenziato che dopo il 2012, anno in cui il 50% degli americani aveva libero accesso alla tecnologia sempre e in ogni luogo perché possedeva uno smartphone, il senso di autostima della popolazione e quindi la loro felicità sono crollati. Questo declino interessa tutte le fasce di età prese in esame anche se sembrerebbe che più si è grandi più il rapporto tra benessere psicologico e tecnologia si indebolisce. I diciottenni, infatti, sono risultati maggiormente infelici rispetto ai ragazzi più giovani. Viceversa la felicità collegata ad altri passatempi come lo sport, la lettura, le interazioni sociali face to face ecc., sembrerebbe non risentire dell’età anagrafica del campione. E in Italia? Qual è la situazione nel nostro paese? Nel 2016 è stata realizzata una ricerca su 600 ragazzi tra i 12 ed i 18 anni. Da questo studio è emerso che il 17% di loro non è capace di staccarsi dagli smartphone o dai social (Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin ecc.), il 25% è sempre on line, il 45% si connette più volte al giorno ed il 78% chatta continuamente su whatsapp.
Ma cosa fare con questi dati? E con i nostri figli? La risposta non è semplice, anche perché si tratta di un fenomeno relativamente recente sul quale poco si è fatto finora e sul quale ancora c’è tanto da studiare. La ricerca sopra citata scoraggiava ovviamente un’astinenza totale dagli smartphone e dai social, perché si sa, più una cosa diventa proibita tanto più diventa irrinunciabile, quanto piuttosto puntava sul limitarne l’accesso a non più di due ore al giorno cercando di favorire invece altre attività come lo sport, la lettura e le interazioni sociali della vita reale. Anche io mi trovo di questo avviso per quanto mi renda conto di quanto sia difficile riuscire a realizzare questo utilizzo moderato della tecnologia da parte di tutti. È difficile perché la tecnologia è sempre, come diceva un noto spot pubblicitario di una compagnia telefonica, ‘tutta intorno a noi’, perché i nostri figli non sono controllabili perché non si trovano costantemente di fronte ai nostri occhi, perché essi non hanno assaporato come noi la bellezza del giocare in cortile con gli amici poiché sono praticamente nati con il telefono in mano e lo smatphone appare ai loro occhi come lo strumento più utile alla socializzazione e più idoneo ad occupare il loro tempo libero. A mio avviso, tra l’altro, gli adolescenti non sono gli unici a rischio di una ‘emarginazione tecnologica’ in quanto gli stessi genitori e addirittura i nonni si comportano più o meno nella stessa maniera… forse lo fanno solo più responsabilmente data l’età, ma neanche sempre! Alle cronache di oggi, infatti, non mancano episodi nei quali persone di mezza età, come la donna scomparsa di recente ad Arezzo, Susy Paci, si lascano trasportare dall’eccitazione di una chat e siano disposte ad abbandonare marito, figli e genitori anziani per inseguire l’amore virtuale.
Ed allora? Allora forse, al momento attuale, l’esempio è l’unica soluzione da adottare, in attesa di nuovi studi che propongano qualcosa di più fattivo e concreto. Mostrare ai propri figli un personale distacco dalla tecnologia, insegnare loro ad apprezzare la lettura, i pomeriggi con gli amici, la bellezza nel suonare uno strumento musicale, la pace che si ritrova nella natura, l’adrenalina che un’attività sportiva provoca potrebbe essere una via. E soprattutto, compito dei genitori è essere presenti, presenti per i loro figli in una relazione vera, mai noiosa che non li induca ad allontanarsi dai rapporti della vita reale in favore di quelli virtuali.
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