Quante volte vorremmo dire qualcosa di spinoso al nostro partner ma sappiamo che non siamo in grado perché magari tutto siamo fuorché assertivi? O quante altre volte l’abbiamo già fatto producendo effetti infausti perché si sono innescate discussioni infinite che non hanno portato a nulla? A volte con le migliori intenzioni si fanno solo danni… ma perché? Indubbiamente il contenuto di ciò che dobbiamo comunicare ha la sua importanza e il suo riverbero all’interno del confronto, ma a volte il problema non è ciò che si dice, ma la modalità in cui lo si dice! Va da sé che la soluzione a questo è imparare a comunicare al di là del contenuto del messaggio che vogliamo inviare. Per far ciò potremmo prendere spunto da grandi comunicatori che sono capaci di veicolare le informazioni più scomode e vedere come riescono a comunicare un contenuto tutt’altro che positivo ad una platea senza ricevere in cambio lanci di pomodori od ortaggi vari. Una tra le prime figure che mi viene in mente pensando a chi dovrebbe essere capace di comunicare nel giusto modo è il politico… ma purtroppo, a mio avviso, oggigiorno, in Italia di politici capaci a questo ne abbiamo proprio pochi. Pertanto ricorrerò ad una figura politica estera e di un po’ di tempo fa: Winston Churchill, che salvò, con il suo discorso alla camera dei Comuni (13 Maggio 1940), le sorti dell’Europa intera che si trovava, durante la Seconda Guerra Mondiale, in mano ai Nazisti. Il messaggio che questo controverso primo Ministro inglese doveva veicolare alla Camera, ma in realtà al tutto il popolo britannico, era tutt’altro che un messaggio piacevole. Egli doveva comunicare che il Regno Unito aveva l’obbligo morale di entrare in guerra, con tutto ciò che comportava questa scelta. Ma leggiamo le sue parole:
“Vorrei dire alla Camera come ho detto a coloro che hanno aderito a questo governo: non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo davanti a noi un calvario del tipo più grave. Abbiamo davanti a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza”.
“Voi chiedete, qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: vittoria. La vittoria a tutti i costi – vittoria nonostante tutto il terrore – per quanto lunga e difficile la strada può essere la vittoria, perché senza la vittoria non c’è sopravvivenza”.
La reazione della Camera, nonostante la sua impopolarità, fu elettrizzante! Questo è un chiaro esempio di quanto, il contenuto del messaggio rispetto alla modalità in cui questo si propone ha poca influenza sulle reazioni della platea: un messaggio scomodo, doloroso, ma assolutamente ben proposto può, come è avvenuto nel caso di specie, generare una valanga di consensi anziché critiche!
E, se avete tempo, ecco il nostro grande leader Churchill in un’altra occasione, questa volta ascoltiamo le sue parole, con quale carica annuncia le sue intenzioni:
Ma ora veniamo a noi, alla necessità di comunicare (bene!!) con il nostro partner. Ci sono alcuni errori che proprio dobbiamo evitare di mettere in pratica se vogliamo che la discussione non provochi solo un’esacerbazione del conflitto. Vediamoli nello specifico:
- Puntualizzare: non funziona! Ma perché non funziona? Non funziona perché non si può dialogare sul piano razionale di ciò che razionale non è, ovvero non si possono spiegare le emozioni! Non solo, non c’è cosa più fastidiosa che sentirsi dire come stanno le cose e come invece dovrebbero andare i fatti perché la relazione possa funzionare meglio
- Recriminare: la recriminazione trasforma le colpe degli altri in diritti legittimi e sottopone l’altro a un processo che certo non predispone alla creazione di un buon terreno di confronto
- Rinfacciare: cioè far sentire l’altro in colpa e conseguentemente presentarsi come la sola e unica vittima di tutto (quindi implicitamente dichiarando di non avere responsabilità di questo tutto).
- Predicare: evitate di fare discorsi morali! Non siete sacerdoti sull’altare che avete la verità rivelata da insegnare dall’alto di un pulpito alla comunità di fedeli! Il vostro è solo un punto di vista tra i tanti.
- Dire (o mandare a dire con altra terminologia simile) “te l’avevo detto!”: non c’è nulla di più brutto che pronunciare questa frase perché essa sottolinea l’errore dell’altro che si metterà sulla difensiva e, sentendosi attaccato, si chiuderà ad ogni tipo di discorso.
- Dire (o mandare a dire con altra terminologia simile) “Lo faccio solo per te!”: questa affermazione, infatti, fa sentire l’altro in debito. Implicitamente chi afferma ciò ‘rimpalla’ la responsabilità di ciò che accadrà all’altro e sottolinea che sta compiendo un sacrificio per la coppia. Ma, si sa, purtroppo, i sacrifici alla fine ci presentano sempre un conto da pagare!
- Dire (o mandare a dire con altra terminologia simile) “Lascia stare, faccio io!”: questo messaggio, apparentemente di apertura e di carineria, invece, nasconde un significato molto più subdolo che si traduce con la frase “tu non sei capace, quindi faccio io!”. Si tratta pertanto di un messaggio svalutante nei confronti dell’altro.
- Biasimare: ovvero lasciar intendere “ok, ma potevi fare meglio!”. Anche in questo caso, il biasimare nasconde, molto meno velatamente del punto 7, una critica: in altre parole afferma che quello che è stato fatto dall’altro non è sufficiente.
Ma allora che fare? Innanzitutto, a mio avviso, se sappiamo cosa NON fare, già siamo a buon punto. Come si dice ‘se vuoi imparare a raddrizzare una cosa, impara prima tutti i modi per storcerla’, ovvero, sapendo cosa fa peggiorare una situazione (gli 8 punti sopra esposti) già abbiamo le informazioni sufficienti per non far peggiorare le cose, cioè… non mettere in pratica i suddetti 8 punti! Ma se volessimo invece riflettere su come comunicare meglio, su come migliorare il nostro rapporto di coppia e vedere quali sono gli ingredienti di una comunicazione strategica? Ecco qualche piccolo consiglio:
- Domandare anziché proporre (questo lo dico soprattutto agli uomini che vogliono sempre giungere a una soluzione pratica in poco tempo!): chiedere ci fa capire meglio tutta la situazione, tutto ciò che l’altro pensa o prova. Non solo, chiedere in maniera strategica quindi non mediante domande aperte, ma con domande a illusione di alternativa ci fa restringere il capo e ‘pilotare’ la conversazione. Cosa vuol dire tutto questo? Ecco un esempio: si può domandare: “Perché ultimamente mi telefoni poco?” (domanda aperta che lascia una vasta gamma di risposte) oppure “Ultimamente mi telefoni poco perché non hai tempo o perché ti stai stancando di me? (domanda a illusione di alternativa). Ma dov’è che risiede la differenza di queste due domande? Nella forma più che nel contenuto. La seconda domanda non è né perentoria né provocatoria. Non solo, nella seconda il soggetto valuta la possibilità di avere una qualche minima responsabilità del fatto (ti stai stancando di me significa: sto facendo IO qualcosa per cui ti stai stancando di me).
- Ogni tanto parafrasare: la parafrasi infatti chiarisce ciò che ci siamo detti fino a quel momento riassumendo i punti essenziali, chiarendo nel frattempo le idee ad entrambi e il processo logico che si sta seguendo.
- Chiedere all’altro la verifica di ciò che si è ascoltato piuttosto che sentenziare seguendo solo la propria logica: ovvero chiedere conferma delle risposte che si hanno avute alle domande che son state fatte. Così facendo si conferma a se stessi di aver compreso bene le risposte e contemporaneamente, scoprendo che l’altro è in accordo con noi, si crea un’alleanza.
- Evocare anziché spiegare, perché come abbiamo già detto spiegare, nelle faccende che riguardano le emozioni, non funziona! Come afferma San Tommaso d’Aquino “non c’è cosa nell’intelletto che non passi prima per i sensi”, perciò il livello di comunicazione deve necessariamente spostarsi da quello razionale a quello emozionale. Un esempio: si può dire: “quando ti comporti così provo rabbia e dolore” (razionale) oppure: “quando ti comporti così è come se ricevessi una pugnalata alle spalle che mi provoca dolore e che mi fa reagire con rabbia ricambiandoti con la stessa moneta” (emozionale). La differenza sostanziale sta nel fatto che la prima frase descrive come ci si sente, la seconda fa sentire in maniera partecipativa all’altro la rabbia e il dolore che si prova.
- Agire piuttosto che pensare: il capire come funziona un processo non ci indica necessariamente come procedere fattivamente per risolvere la situazione. Solo l’agire, cioè l’inserire una variabile nuova nella relazione, ci fa comprendere, mediante la risposta del sistema, se si sta procedendo sulla strada giusta. Per capire e cambiare occorre fare e agire in maniera diversa, se si vogliono ottenere risultati differenti. Sarà l’altro tramite il suo feedback a farci comprendere se stiamo facendo bene o viceversa se stiamo peggiorando le cose. Se penso ma non agisco, non riceverò mai un feedback e conseguentemente non potrò mai verificare di star procedendo bene ed eventualmente correggere il tiro, resterà tutto solo nella mia testa. Si tratta, in altre parole, del processo così detto per prove ed errori. Come ci insegna Heinz von Foerster “se vuoi vedere, impara ad agire”.
Riassumendo in poche semplici tappe, il processo da seguire, per una sana comunicazione, è il seguente:
- Domandare
- Parafrasare le risposte che ci vengono date
- Utilizzare un linguaggio ricco di immagini evocative (spostarsi dal piano razionale a quello emotivo)
- Riassumere parafrasando (per verificare di aver ben compreso, fare il punto della situazione e costruire l’alleanza)
- Agire! (mettere in atto comportamenti diversi, in virtù delle nuove informazioni avute mediante il confronto, per ottenere risultati differenti)
Facile a dirsi difficile a farsi? Intanto provate, se proprio non riuscite… almeno evitate di mettere in pratica gli 8 errori! Buona fortuna!
www.chiarabiagini.it
Bibliografia:
Nardone G., “Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia”, Ponte Alle Grazie, 2010.