Pur rimanendo convinti che il femminicidio è uno dei fenomeni della peggior specie, che sia assai diffuso (una donna uccisa ogni tre giorni nel nostro paese) e che vada affrontato e risolto mediante una maggiore prevenzione e tramite la tutela e la certezza della pena, uno studio del 2012 ed un altro del 2015 ci informa che anche gli uomini sono vittime di violenze perpetrate dalle donne.
Ma che genere di violenze mette in atto il gentil sesso nei confronti dei propri partner? Per fortuna le ricerche ci indicano che difficilmente le donne raggiungono i livelli mostruosi di cui sono capaci certi uomini e quindi molto raramente giungono all’omicidio. L’assassinio, a cui le donne fortunatamente di rado ricorrono, indubbiamente resta il crimine peggiore che si possa compiere nei confronti di un altro essere umano, tuttavia la violenza nei confronti dell’altro si può esprimere in altre forme più lievi che magari cagionano minor danno fisico ma che lasciano dei segni nella psiche e nella vita dell’altro.
Nel 2012 l’Università di Siena ha condotto uno studio su un campione di uomini di età compresa tra i 18 ed i 70 anni per raccogliere i dati sulla violenza contro gli uomini da parte delle donne. La ricerca, passata un po’ in sordina, ha rilevato che ogni anno oltre 5 milioni di uomini subiscono violenze dalle proprie mogli, conviventi od ex. Queste violenze, per lo più fisiche, si manifestano sostanzialmente in: minaccia di esercitare violenza (63,1%), graffi, morsi, capelli strappati (60,05%), lancio di oggetti (51,02%) e percosse con calci e pugni (58,1%). Nella voce “altre forme di violenze” (15,7%), lo studio rintraccia comportamenti più gravi come: tentativi di folgorazione elettrica, investimenti con l’auto, mani schiacciate nelle porte e spinte giù per le scale. Essendo questi agiti meno pericolosi del femminicidio poiché non cagiono per fortuna la morte dell’altro e manifestandosi con numeri più ridotti, ovviamente fanno meno notizia, ma a mio avviso questi risultati dovrebbero comunque essere resi noti alla comunità per stimolare una riflessione sulle coppie di oggi, averne una visione più ampia e tentare di porre rimedio al fenomeno che, seppur meno grave del femminicidio, esiste.
Sempre secondo questa ricerca, le donne, che per natura hanno meno forza degli uomini, userebbero, per colpire l’altro, maggiormente violenze di tipo psicologico, sessuale ed economico. Tra i risultati della ricerca emergono: critiche a causa di un lavoro poco remunerativo (50,8%), denigrazioni a casa della vita modesta consentita alla partner (50,2%), paragoni umilianti con uomini che guadagnano di più (38,2%), rifiuto di contribuire economicamente alla gestione familiare (48,2%), critiche per difetti fisici del partner (29,3), insulti ed umiliazioni (75,4%), distruzione o danneggiamento di beni, minacce varie (47,1%, di suicidio o autolesionismo 32,4%).
La cattiveria poi aumenta se la coppia ha avuto dei figli (che spesso vengono utilizzati dalle madri in maniera strumentale) e si esplicita sostanzialmente in comportamenti quali: minaccia di chiedere la separazione e di togliere casa e risorse o di ridurre sul lastrico l’ex marito (68,4%), minaccia di portare via i figli (58,2%), di ostacolare il contatto con loro (59,4%), o di impedirne addirittura ogni contatto (43,8%).
Questo ultimo genere di violenza che strumentalizza la prole ha, come si può ben immaginare, delle conseguenze catastrofiche poiché mina la costruzione di un rapporto sano del padre con i figli che vengono coinvolti in affari da adulti ai quali dovrebbero invece rimanere assolutamente estranei.
Ma perché le donne si accaniscono tanto verso i propri ex? Le ragioni possono essere tante come l’aver subìto tradimenti di cui ci si deve vendicare, il provare frustrazione dalla relazione con l’ex, magari terminata non per propria volontà, insoddisfazioni personali e/o relazionali o persino la necessità (esistente o presunta tale) di difendere la propria prole. Nel momento in cui si sentono emozioni come la frustrazione, l’insoddisfazione, il senso di ingiustizia e di rivalsa, infatti, la rabbia diventa difficilmente gestibile e si utilizzano tutti i metodi a nostra disposizione per vendicarci e scaricare le nostre indignazioni contro l’altro che si ritiene la causa della propria sofferenza tramite insulti, umiliazioni o addirittura percosse. Nell’atto poi di cercare di procurare un danno economico all’ex coniuge si possono rintracciare diverse motivazioni tra cui: semplice vendetta per cui l’altro in qualche modo deve risarcirci della sofferenza provocataci ed avendo interrotto con lui ogni legame affettivo e quindi non potendo più utilizzare nessun ricatto di tipo emotivo o sessuale, non si trova altra strada se non il farci corrispondere, come una sorta di ‘bottino di guerra’, soldi; più banali, beceri ed immotivati interessi economici per cui esiste come unico scopo quello di garantirsi sussistenza per il proprio futuro mediante un cospicuo assegno di mantenimento che la giurisprudenza odierna ancora permette al di là degli eventuali presunti torti cui ci si è sentiti soggetti; ed infine preoccupazione, sempre di tipo economico, rispetto al futuro dei propri figli per i quali si cerca di assicurare un futuro economicamente tranquillo ‘spremendo’ il portafoglio dell’ex.
Allora che fare con questi dati allarmanti? Se nel caso del femminicidio occorre prestare maggiore attenzione alle segnalazioni delle donne nei confronti dei loro ex, che se ben gestite da chi di dovere potrebbero evitare mediante la tutela della denunciante e l’applicazione misure restrittive molti omicidi, nel caso delle violenze sugli uomini innanzitutto, bisognerebbe forse rivedere la giurisprudenza (come per fortuna già si sta facendo dal maggio scorso con la legge di cassazione n. 11504 depositata il 10 maggio 2017 che muta il proprio orientamento in materia di assegno divorzile) per poter tutelare l’uomo almeno dal punto di vista economico al fine di ridurre le possibili minacce delle ex. Non solo! Sarebbe interessante anche offrire agli uomini (come già presenti sul territorio per le donne vittime di violenza) degli sportelli di ascolto a cui gli uomini in difficoltà possano ricorre per gestire le situazioni di minaccia in cui essi si trovano e ricevere consigli.
Tutto cio, a mio avviso, non solo gioverebbe agli uomini ma anche alle donne (e alla società in genere!), perché potrebbe far sì che i mariti supportati psicologicamente, ascoltati, aiutati, consigliati, tutelati, non ricorrano a farsi giustizia da soli, come talvolta avviene in questi casi, proprio mediante il femminicidio.
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