Paolo, 35 anni, ingegnere. È sempre stato una persona precisa e quadrata, fin dai tempi dell’università quando programmava il suo studio in maniera meticolosa, cosa che gli ha permesso di laurearsi un anno prima del previsto.
Da qualche anno però manifesta un’eccessiva attenzione alla sua igiene personale: qualunque cosa tocca, se non è sicuro sia stato il primo a toccarla deve andarsi a lavare le mani con una quantità enorme di sapone sfregandosele con forza. Questa sua attenzione alla possibilità di contagiarsi ormai occupa gran parte della sua giornata e lo rende schiavo.
Al lavoro mantiene una scrivania perfetta, le matite sono temperate in modo tale che nel portapenne siano perfettamente alte uguali, i fogli impilati come se fossero rilegati tra loro, ogni volta che Paolo si alza per andare in bagno a lavarsi le mani non può farlo se prima non si ripete una frase mentale che definisce quasi magica. Gli altri, amici, colleghi, cominciano a guardarlo e a rapportarsi a lui con distanza.
La situazione appena descritta riguarda un soggetto affetto da Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), ormai abbastanza grave, non un individuo eccessivamente preciso come si potrebbe pensare. Questo disturbo trasforma un soggetto libero in uno schiavo completamente assoggettato che non può evitare di mettere in atto le sue compulsioni.
Il disturbo origina dal tentativo dell’individuo di controllare la realtà, così, cercando di esercitare questo controllo che però sfugge continuamente, il soggetto mette in atto dei comportamenti che abbassano la sua ansia e che in un primo tempo assolvono a tale funzione, ma che poi si trasformano in azioni inevitabili, irrinunciabili, obbligate.
Il soggetto si ritrova dunque, man mano che il disturbo si aggrava, a trascorrere la maggior parte del suo tempo compiendo i rituali, isolandosi e perdendo ogni interesse ed attività della propria vita.
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